L’11 marzo, secondo il calendario islamico, sarà il primo giorno del mese di Ramadan. Un periodo sacro per tutti i musulmani del mondo che prende il nome dal mese dell’anno nel calendario lunare e assume un’importanza primaria sia da un punto di vista religioso-spirituale che sociale. A-Sawm (digiuno) rientra tra i cinque pilastri dell’Islam (Arkan al-Islam), dove la religione consiste nella fede al-iman e nella pratica al-din. I cinque pilastri indicano gli obblighi che ogni musulmano è tenuto a seguire in base alla Shari’a, la legge religiosa. I pilastri sono i seguenti:
- la testimonianza di fede: Shahàda;
- le preghiere rituali: Salat;
- l’elemosina canonica: Zakat;
- il digiuno durante il mese di Ramadan: Sawm;
- il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita (se si ha le possibilità): Hajj.
Prima di approfondire il mese sacro del Ramadan, è dunque necessario analizzare i pilastri che sono a fondamento della fede islamica. Il primo è la Shadàda (testimonianza), derivante dal verbo “testimoniare” che in arabo significa anche certificare oltre al professare la fede. La Shahàda racchiude in sè il significato profondo della fede: «Testimonio che non c’è divinità se non Dio (Allāh) e testimonio che Muhammad è il Suo Messaggero» شهد أن لا إله إلا الله وأشهد أن محمدا رسول الله
La frase riassume l’assolutezza del monoteismo Tawhid (unicità divina) contro il politeismo Shirk, presente nella penisola arabica precedentemente all’avvento dell’Islam. Questa religione è stata rivelata attraverso il profeta Muhammad che, secondo la dottrina, accompagna l’umanità intera dalle tenebre dell’ignoranza religiosa (jāhiliyya) alla luce della rivelazione profetica arrivata con la missione del profeta dell’Islam nel VII secolo. Tale frase assume un’importanza fondamentale poiché racchiude il senso della religione stessa ed è necessaria per chi intende convertirsi. Mentre per altre fedi i rituali sono più compositi, per esempio i cattolici necessitano di funzioni come il battesimo, nell’Islam è sufficiente recitare questa frase con l’intenzione di convertirsi per iniziare a far parte della Ummah islamica (comunità dei credenti).
La preghiera Salat è obbligatoria per ogni musulmano. Sono cinque le preghiere rituali che occupano la giornata, dall’alba al tramonto, mentre il venerdì (jumu’a), che significa unione o riunione, è attuata collettivamente. Il giorno festivo per i musulmani è proprio il venerdì.
L’elemosina, Zakat, rientra tra i principi fondamentali del praticante. Nel Corano, nella Surat Al-Tawbah 9:60 si legge: «Le elemosine sono per i bisognosi, per i poveri, per quelli incaricati di raccoglierle, per quelli di cui bisogna conquistarsi i cuori, per il riscatto degli schiavi, per quelli pesantemente indebitati, per il sentiero di Allah e per il viandante. Decreto di Allah! Allah è saggio, sapiente». Quindi le categorie alle quali è destinata l’elemosina sono già definite dallo stesso libro sacro: Fuqara’, i bisognosi; Al-Maskin, i poveri; Aamileen, enti che raccolgono la Zakat; Muallafatul Quloob, poveri e bisognosi che recentemente si sono convertiti; Ar-Riqaab, schiavi (la Zakat poteva essere utilizzata in passato per acquistare la loro libertà); Al Ghaarimeen, coloro che sono pesantemente indebitati; Fi Sabeelillah, coloro che si trovano sul sentiero di Allah; Ibnus-Sabeel, viaggiatori bloccati in situazioni di bisogno di assistenza finanziaria.
Dunque come interpretato dalla dottrina, la Zakat non è propriamente carità, essa è un dovere religioso per ogni fedele. Con questo gesto il musulmano riconosce che tutto il creato è del Divino, che gli uomini non possiedono nulla più di quel che Allah ha donato loro. Ogni fedele è tenuto a redistribuire le proprie ricchezze, in proporzione, a tutti coloro che ne hanno più bisogno. Tale pratica aiuta l’umanità ad uscire da quel mondo caratterizzato dall’eccesiva avarizia, un percorso che, come vedremo meglio con il mese del Ramadan, mira all’auto-disciplina.
L’ultimo pilastro è il pellegrinaggio nei luoghi santi dell’Islam, al-Haramayn, le città di Mecca e Medina. Anche Gerusalemme – Qdus – è un luogo santo per l’Islam dove è raccomandata la visita. In passato i fedeli, dopo le città di Mecca e Medina, facevano quindi tappa a Gerusalemme per visitare la moschea di Al-Aqsa.
Il Ramadan, nono mese lunare del calendario islamico, assume un’importanza centrale nell’Islam in quanto il profeta Muhammad ebbe la rivelazione coranica attraverso l’Arcangelo Gabriele proprio in questo periodo. Ciò è riportato nel Corano, nella Surat al-Baqara versetto 185: «È nel mese di Ramadân che abbiamo fatto scendere il Corano, guida per gli uomini e prova di retta direzione e distinzione. Chi di voi ne testimoni [l’inizio] digiuni». Da questo versetto si comprende l’importanza del Ramadan per tutto il mondo islamico. Infatti, in questo periodo è stato rivelato, attraverso il suo ultimo profeta (secondo l’Islam, Muhammad è l’ultimo profeta e sigillo), il verbo di Allah, ossia il Corano, la guida per la retta direzione. Il Ramadan, oltre ad essere un mese di preghiera, riflessione, introspezione, comunità, è soprattutto “prova”.
Dalla Surat al-Baqara versetto 183: «O voi che credete, vi è prescritto il digiuno come era stato prescritto a coloro che vi hanno preceduto. Forse diverrete timorati», in questo versetto il riferimento alle tre religioni monoteiste è evidente; basta infatti ricordare come il rito del digiuno sia anche presente nell’ebraismo e nel cristianesimo. Continua la medesima sura, versetto 184: «[digiunerete] per un determinato numero di giorni. Chi però è malato o è in viaggio, digiuni in seguito altrettanti giorni. Ma per coloro che [a stento] potrebbero sopportarlo, c’è un’espiazione: il nutrimento di un povero. E se qualcuno dà di più, è un bene per lui. Ma è meglio per voi digiunare, se lo sapeste». Per i fedeli che rientrano nella categoria dell’esonero, poi reinterpretata dal Fiqh (giurisprudenza), vi è la possibilità di recuperare i giorni non osservati dal digiuno, ad esempio, chi per motivi di salute non può in alcun modo digiunare, in alternativa potrà nutrire il bisognoso.
Versetto 185 (la seconda parte): «E chiunque è malato o in viaggio assolva [in seguito] altrettanti giorni. Allah vi vuole facilitare e non procurarvi disagio, affinché completiate il numero dei giorni e proclamiate la grandezza di Allah che vi ha guidato. Forse sarete riconoscenti!». Il mese di Ramadan ha delle precise regole da seguire con delle annesse deroghe per categorie di fedeli che per motivi di salute, di viaggio o impossibilità non possono assolvere all’obbligo religioso.
Il Sawm include l’astinenza – dall’alba al tramonto – dal mangiare, dal bere, dal fumare, dai rapporti sessuali. Ne sono esentati gli impuberi, i malati e le donne incinte, mestruate o in allattamento. Il digiuno ha una durata di 29 o 30 giorni e deve essere seguito da tutti i fedeli in salute dall’età della pubertà (13 o 14 anni). Il mese sacro per tutti i musulmani, la Ummah, viene trascorso nel ricordo del Divino, nella lettura del Corano e nel suo ascolto, sia nelle moschee che attraverso tutti i mezzi oggi disponibili. Rimane soprattutto il periodo della riflessione, non solo religiosa, il mese della disciplina, dello sforzo e soprattutto della pazienza. In uno dei detti hadit del profeta dell’Islam, riportato da Abù Huraira: «Ogni cosa ha la sua elemosina purificatrice e l’elemosina purificatrice del corpo è il digiuno. Il digiuno è la metà della pazienza (sabr).» In altre parole, il Ramadan è un mese di “lezione” o di ripetizioni che i fedeli ogni anno affrontano per purificare le proprie condotte, avvicinarsi a Dio, allenare la propria fede e i propri comportamenti per essere dei buoni fedeli, persone migliori.
In questa direzione si sviluppa il Jihad, riproposto dal teologo persiano al-Ghazali che lo suddivide in due categorie. Il grande Jihad è principalmente la lotta con sè stessi nel rispetto dei dettami divini per essere buoni fedeli, quindi una lotta soprattutto spirituale. In altri termini, l’uomo deve avere la forza di controllare i propri istinti, desideri (nafs) che possono essere in contrasto con le legge divina. Mentre il piccolo Jihad è riconducibile più alla lotta armata, principalmente per difesa.
Il mese di Ramadan non è meramente pratica fine a se stessa, come potrebbe apparire a un occhio esterno: una liturgia ciclica fatta di digiuno giornaliero e recupero serale con annesse preghiere. Anzi, la pratica è necessaria ad immergersi nella profondità spirituale, una dimensione che si raggiunge nella riflessione che avvicina il fedele al Divino. Questo è il mese più atteso dai musulmani, il mese del perdono e della vicinanza ad Allah. Surat al-Baqara, 186: «Quando i Miei servi ti chiedono di Me, ebbene Io sono vicino! Rispondo all’appello di chi Mi chiama quando Mi invoca. Procurino quindi di rispondere al Mio richiamo e credano in Me, sì che possano essere ben guidati». Il digiuno aiuta la comprensione dell’essenziale per far a meno del superfluo, la mancanza di cibo ed acqua aiuta il fedele a comprendere l’importanza e la fortuna di avere durante l’anno il cibo e “sentire” la fame del povero, sviluppare l’empatia verso il prossimo attraverso la prova del corpo. Il digiuno, tuttavia, non è solo privarsi del cibo, vi è anche un digiuno della parola e del comportamento in generale. Il fedele, nel proprio autocontrollo e disciplina, deve fare a meno del superfluo, per esempio le parole non necessarie, o addirittura dannose per gli altri, devono essere limitate.
Il mese di Ramadan si conclude con eid al-Fitr, festa dell’interruzione del digiuno, che prevede la colazione con famiglia, parenti ed amici ed una preghiera collettiva nella prima parte della mattinata. L’islam raccoglie tanti popoli con annesse tradizioni: in ogni paese il mese è vissuto in maniera diversa, da un punto di vista di costumi, riti e pietanze culinarie, mentre i riti, la pratica e il messaggio etico religioso sono uguali per tutta la Ummah.
Mohamed El Khaddar